La nostalgia di quello che è stato.
Quanti ricordi di anni fa si affacciano oggi alla memoria. Cose scontate, attese, come la nevicata invernale, la comparsa delle prime formiche che annunciavano la primavera, le violette, riti e luci e odori che si ripetevano di anno in anno.
E oggi li sento fuggire perché è infranta la regola di ciò che è, di ciò che sarà.
L’Oggi perde i ricordi del passato perché lontani e non si nutre di aspettative sul futuro visto che neppure su neve e formiche possiamo contare. Nessun ciclo. Nessuna ripetizione attesa confortante.
E così tra le persone: nessuna sicurezza di rapporto di amicizia o di amore o di rispetto, anzi la positiva e strabiliante ricerca della costanza, di ciò che speriamo sia, in ogni interazione; nel lavoro: dove si ricomincia ogni volta apparentemente ed emotivamente da zero, ma con memoria della stanchezza e della fatica. E il tempo passa e le cose mutano perché è giusto che sia così.
Ma all’interno di questi mutamenti dove sono finite le costanti? E ormai è primavera. E qui non c’è stata la neve. E sento che mi toccherà meno. L’aria frizzante poi tiepida non lascia più memoria sulle mie guance. Mentre sento, più che ritrovare nella memoria, che altro è stato ed era.
E mi manca la neve. E mi mancano quei tempi. E mi manca l’attesa. E via con il turbinio degli impegni.