Ho creduto nell’onesta’ delle persone e nella buona volontà. Nella missione del mio lavoro che ha il privilegio di cambiare la vita delle persone. E che la mia missione fosse condivisa come la voglia di misurare e farsi misurare nell’efficacia del proprio lavoro per crescere come professionisti e anche , grazie al merito, nei compensi.
Ma sono illusa. Qui vige la cultura dell’arraffa arraffa ruba ruba. Non c’e’ parola d’onore, non c’e’ impegno, vige la regola del più furbo e del guadagno sempre e comunque. Sono schifata. Ma e’ mia la colpa perché non lo capisco e perché non mi adeguo e perché non mi uniformo. Mea culpa.
Ma sono sola a urlare nel deserto? Mio padre e mia madre mi hanno educato all’impegno, al dovere, alla serietà e all’onore innanzitutto. Cosi’ sono e non posso e non voglio cambiare. Ma sono sola.
Si. Ho peccato di fermezza e di fiducia. Ho peccato di rigore e di impegno e…soprattutto ..ho peccato nel credere a chi mi diceva che credeva in ciò a cui io credevo.
Mi sento un dinosauro in estinzione. Lascio solo il mio lavoro dopo di me. E voglio credere che sia servito. Credo ancora. Ed e’ la mia colpa e la mia condanna. E’ la mia missione. Ad ogni costo.
Poi, quando la speranza vacilla e sento il fardello pesare troppo, incredibilmente mi arriva ogni volta la lettera di un paziente o una persona mi prende le mani e mi ringrazia.
E ne è valsa la pena. Il coraggio riprende quota nel mio cuore e una serenità mi invade. Una leggerezza e un calore mi invade il cuore.
Ne vale la pena. Ne vale la pena